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Angela da Foligno

 

Nasce in una famiglia agiata, si sposa in giovane età e trascorre una vita "selvaggia, adultera e sacrilega". Dopo tale giovinezza Angela si converte verso il 1285. Dopo la morte del marito, dei figli e della madre, entra nel Terz'ordine Francescano vivendo e meditando soprattutto la Passione di Gesù Cristo.

Muore nel 1309, venerata con il titolo di Beata e Maestra dei Teologi. Infatti attorno a lei si era raccolto un Cenacolo di teologi e uomini spirituali.

Dio si rivolse a me così: “Figlia della divina sapienza, tempio del Diletto, gioia del Diletto e Figlia della pace, in te riposa tutta la Trinità”

Angela da Foligno

Commodi Bernardo ofmconv: studioso di spiritualità francescana

Dalla quarta di copertina:

 

In Angela la misericordia agisce consentendole l'unione dell'anima con Dio. Non però un'unione intellettuale e disincarnata, ma un rapporto che Angela ha vissuto in maniera corporea e sensibile, sia nell'esperienza mistica, sia nella sua naturale conseguenza, ovvero l'incontro del "Verbo umanato", del "Cristo passionato".

(dalla presentazione di Mons. G. Sigismondi, vescovo di Foligno)

Dal testo

Una volta, Dio misericordioso mandò nel mio cuore una grande illuminazione e insieme anche una grande fermezza, che credetti, e ancora credo, di non perdere in eterno. In quella rivelazione stabilii e decisi che, se fosse stato necessario morire di fame, di nudità o vergogna, dal momento che era gradito, o poteva esserlo, a Dio, non mi sarei in alcun modo tirata indietro.

 

Mentre stavo pregando, Cristo mi si manifestò sulla croce con maggiore chiarezza, cioè mi dette più profonda conoscenza di sé. Mi chiamò e mi disse di avvicinare la bocca alla ferita del costato e mi sembrò di vedere e bere il suo sangue, che usciva proprio in quel momento, e capii che in esso mi purificava. A quel punto cominciai a gustare una grande letizia, sebbene nella contemplazione della passione provassi tristezza.

Mentre pregavo, egli mi mise nel cuore il «Padre nostro» e mi dette la chiara intelligenza della sua bontà e della mia indegnità e le parole mi furono spiegate ad una ad una. Io dissi quel «Padre nostro» con tanta calma e conoscenza di me stessa, che, sebbene piangessi amaramente per i miei peccati e la mia indegnità, di cui mi rendevo conto in quella preghiera, tuttavia vi provai una grande consolazione e cominciai a gustare un po’ la dolcezza divina, perché vi scoprii, e ancora vi scopro, la divina bontà, meglio che in qualunque altra cosa. Poiché in quella preghiera mi furono svelate la mia indegnità e le mie colpe, cominciai a vergognarmi tanto, che a stento osavo alzare gli occhi. Allora mi presentai alla beata Vergine, perché mi impetrasse il perdono dei peccati, a causa dei quali ero ancora nell’amarezza.

Per saperne di più: Angela da Foligno, Il libro della beata Angela, Cinisello Balsamo (MI) 1996.

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