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Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini

                                 Paulus PP. VI

‘ Noi la ringraziamo’ queste furono le prime parole di papa Paolo VI rivoltemi nel dicembre di tanti anni fa in una udienza semi privata. Io rimasi imbambolata: mi aspettavo che egli mi chiedesse come mi chiamavo, da dove venivo, cosa facevo. Egli sapeva solo che ero dirigente dell’Azione Cattolica. Da allora questa frase inconsueta per il Papa, secondo la mia mentalità, mi è rimasta nel cuore.

Era una proiezione del suo sentire, un latente invito per tutti, una lettura della vita di tanti cristiani? Io non lo so… Posso solo credere che lo Spirito Santo apriva con le semplici parole del Papa uno spiraglio su quella che poi è stata definita vita mistica, quella vita cristiana consapevole dell’unione ontologica con il Dio Trinità che ha creato l’uomo a sua immagine e che i Padri definivano divinizzazione.

La chiave per cogliere la vita mistica sembra essere proprio il ‘rendere grazie’. Il Vangelo riporta molto spesso le parole ‘ti rendo grazie, Padre’ come un continuo ritornello che sostanzia l’incontro più intimo dell’uomo-dio Gesù di Nazaret con il Padre, quel momento di incontro particolare che chiamiamo preghiera e scaturisce dal profondo dell’essere sempre unito sostanzialmente a Dio in Gesù Cristo e per dono, desiderato e accolto, da ogni uomo.

 

Per questo la celebrazione del mistero per antonomasia lungo i secoli ossia l’Eucaristia riporta le parole di Gesù nell’ultima cena “Rese grazie con la preghiera di benedizione (III preghiera eucaristica)”

Le parole umane nulla aggiungono alla gloria di Dio, ma è Dio che vuole la confidenza e la fede dell’uomo e soprattutto il riconoscimento gioioso della sua presenza.

Le stesse parole potrebbe ripetere a tutti gli uomini fino a quando ciascuno non diventa consapevole di questa presenza e di questa comunione di vita cui ogni uomo è chiamato: un destino di divinizzazione, cui non si può che rispondere rendendo grazie.

Se il grazie sgorga normale nei riguardi di Dio e degli uomini vuol dire che in papa Montini non è una questione di educazione, ma di sensibilità ontologica che lo fa passare dal piano dell’ascetica a quello mistico e da questo si affaccia sul mondo con le opere frutto di apostolato mistico, cioè azioni agite dallo Spirito che trova l’uomo disponibile alla fatica dell’amore concreto verso tutte le povertà del mondo.

Giovanni Battista Montini nasce il 26 settembre 1897 a Concesio, a nord di Brescia.

Nel 1903 viene iscritto come studente nel collegio "Cesare Arici" di Brescia, retto dai padri Gesuiti.

Il 13 dicembre 1937 viene nominato sostituto della Segreteria di Stato e inizia a lavorare al fianco del cardinale segretario di stato Eugenio Pacelli che, alla morte di Pio XI  (10 febbraio 1939), viene eletto pontefice con il nome di Pio XII.

Il 1 novembre 1954,  viene nominato Arcivescovo di Milano

Nei primi mesi del suo episcopato a Milano, mostra grande interesse per le condizioni del popolo e contatta parrocchie ed associazioni

Alla morte di Pio XII, il 28 ottobre 1958, viene eletto papa il patriarca di VeneziaAngelo Giuseppe Roncalli.

Stemma cardinalizio di Giovanni Battista Montini.

Il 3 giugno 1963 muore papa Roncalli. Il Conclave che segue si conclude con l'elezione di Montini, che assume il nome di Paolo VI. E’ il 21 giugno 1963.

Con la riapertura del Concilio il 29 settembre 1963, Paolo VI evidenzia quattro priorità per i padri conciliari:

​

  • Una migliore comprensione della Chiesa cattolica discorso

  • Riforme della Chiesa

  • Avanzamento nell'unità della cristianità

  • Dialogo col mondo

 

Il concilio viene concluso l'8 dicembre 1965.

Paolo VI fu il primo papa che usò l’aereo.

Stati visitati da Paolo VI

Il 27 novembre 1970, nel corso del viaggio nel Sud-est asiatico, appena atterrato all'aeroporto della capitale delle Filippine, il pontefice fu vittima di un attentato da parte del pittore boliviano Benjamin Mendoza che lo ferì al costato. Ulteriori danni furono evitati grazie al provvidenziale intervento del segretario personale, Pasquale Macchi.

La maglietta insanguinata indossata dal Papa al momento dell'attentato è conservata in un reliquiario realizzato dalla scuola di arte sacra Beato Angelico di Milano ed è stata esposta durante la cerimonia della sua beatificazione.

Il suo stato di salute si deteriora dal 1975 in poi.

La tomba di Paolo VI, situata nelle Grotte Vaticane.

Lascia un testamento, scritto il 30 giugno 1965, salvo due successive piccole aggiunte. Il manoscritto  contiene tre pagine iniziali di ringraziamenti sulle 10 del totale e quasi tre di aggiunte la prima delle quali inizia ancora con le parole ‘ringrazio quanti mi hanno fatto del bene’

Con il passare degli anni studiando la personalità di Paolo VI sul quale tanti libri sono stati scritti e studiando soprattutto la vita dei santi e la loro unione con Dio, ho capito il valore e la chiave di lettura dell’esistenza di una vita mistica, quella di  Paolo VI, uno dei grandi mistici del XX secolo. Un mistico che non aveva fenomeni mistici, almeno non si sa in giro, che non si è intrigato nelle dispute sulla mistica che hanno interessato il ‘900, ma che il 9 settembre 1970 ebbe a dire nell'udienza generale in piazza san Pietro: “Dobbiamo registrare una forma, meno rara forse di quanto si potrebbe credere, di un altro gradino verso il contatto mistico con Dio: è quello della grazia gelosamente custodita nell'anima; è la manifestazione interiore di Gesù, promessa a colui che veramente lo ama; Egli ha detto: «Manifesterò me stesso a lui» (Gv 14, 21).

Al figlio maggiore della parabola del Padre misericordioso dice: tu sei sempre con me e quello che è mio è tuo…. E sembra quasi sorpreso del fatto che il figlio non ne abbia colto il valore…

Questa è la vita mistica che si irradia dalla vita concreta di Giovanni Battista Montini che vogliamo ripercorrere

Nel 1919 si iscrive alla FUCI.

Il 29 maggio del 1920 riceve l'ordinazione sacerdotale

Questi ha grande stima di Montini e lo nomina cardinale il 15 dicembre 1958.

Da papa sceglie di  proseguire il percorso iniziato da Giovanni XXIII, e porta avanti i lavori del Concilio Vaticano II.

Particolarmente significativo fu il suo primo viaggio, in Terrasanta nel gennaio 1964.

Il 6 agosto 1978, alle 21,40, si spegne nella residenza di Castel Gandolfo.

Il testamento fu reso noto all'indomani della morte, l'11 agosto.

​Paolo VI fu beatificato il 19 ottobre 2014 da papa Francesco in una celebrazione, tenutasi in piazza San Pietro, a conclusione del Sinodo dei vescovi straordinario sulla famiglia

Se il mistico è colui che desidera e attua la consapevolezza della presenza di Dio in lui come immagine nella creazione e come figliolanza nel battesimo ritroviamo questo in Montini nei suoi scritti e nelle sue parole, raccolti in decine di volumi come si può evincere dalle pagine di internet  e soprattutto la nota del ringraziamento a Dio e agli uomini. 

PENSIERI

 

Messa nella Domenica di Pasqua del 1970 presso la Parrocchia di San Giorgio a Casal Palocco, Roma.

 

 

L'uomo d'oggi è abituato ad aver notizia della conquista dello spazio, delle scoperte meravigliose della scienza, delle nuove invenzioni. Ma sapere che la vita, che la nostra esistenza riprende è qualcosa di ben più strabiliante e bello. Ben lo sa chi è stato malato ed è guarito, chi ha conosciuto il buio della guerra ed ha ritrovato la pace. La Pasqua è la festa della vita, la festa della Risurrezione, della vittoria sulla morte. È il nuovo ordine che il Signore vuole stabilire nell'umanità, E non è solo un fatto personale. Il Signore è risorto per ciascuno di noi, che siamo tutti dei moribondi a causa della fragilità della nostra natura. 


La vita di Gesù era tale che l'anima comandava sulla materia, mentre noi siamo fortemente condizionati dalla composizione del nostro corpo. Esso è destinato a diventare a sua volta strumento dell'anima, perché così il Signore ha stabilito. Siamo fatti per vivere in eterno. Quando una madre mette al mondo un bambino, dona al mondo una novità che non avrà mai fine. La vita è sacra, e dobbiamo proteggerla fin dal grembo materno.


Cristo è risorto, e tutti coloro che crederanno in Lui risorgeranno. Bisogna essere in convinta armonia con Lui, fare come una trasfusione della vita di Cristo nella nostra. Se riusciamo ad essere in comunicazione con questa sorgente della vita, siamo salvi. Se questo filo di congiunzione si spezza, siamo condannati. Essere con Cristo: ecco il cristiano. 
La nostra Risurrezione si compie attraverso tre fasi. La prima è il Battesimo, quando infondiamo in una creatura come un'anima nuova, lo Spirito Santo, la Grazia, una comunicazione invisibile ma reale. È un dono che il corpo non vede, ma l'anima sì. La seconda fase consiste nella coerenza, nella fedeltà. Dobbiamo ascoltare la Parola del Signore, dobbiamo diventare discepoli, seguaci, credenti. In fondo, non c'è al mondo gente felice come i cristiani, se lo sono veramente, perché essi hanno sempre la gioia pasquale nel cuore. 


Gesù ha chiamato tutti: il bambino, l'operaio, il povero. Ha riversato sul mondo felicità, gioia, letizia. Abbiate sempre l'anima piena della gioia di Cristo. Dopo questa fase, della vita nuova, della vita cristiana, ci sarà la terza: la nostra Risurrezione. È la Parusia, l'apparizione finale dopo la nostra morte. I cimiteri si apriranno, i morti risorgeranno, la vita riprenderà, animata dall'anima immortale. 


In una parola: coraggio, speranza, gioia, promessa di essere veramente cristiani e riconoscenza al Signore per averci fatto vivere la Pasqua, preludio della nostra vita eterna.

 

 

Giovedì, 4 maggio 1967, Solennità dell’Ascensione del Signore


 
Questa festività, che celebra l'Ascensione del Signore, segna uno degli aspetti essenziali della vita cristiana, che è quello di guardare in alto, al di là della scena del mondo attuale, al di là del tempo, verso il nostro futuro destino, verso la realtà della vita futura. 


Ed è ciò che noi facciamo: con difficoltà, noi moderni specialmente che siamo tanto attratti e quasi incantati dalle realtà temporali. Ma questa concezione della vita cristiana - escatologica la chiamano, cioè rivolta all'ultimo fine - è quella vera; essa non deprezza la vita presente, ma le dà il suo vero valore, quello di un passaggio, d'un pellegrinaggio, compiuto con cuore libero e pieno di speranza. Guardare in alto, verso il Signore che ci attende, verso Cristo che viene. 


Sarà il dono che chiederemo oggi a Maria con la nostra preghiera.

 

 

Martedì 1° Novembre 1977

​

A Roma il culto dei Santi, collettivamente onorati, ebbe la sua sede nel Pantheon; la prima chiesa derivata da un tempio pagano, al tempo di Papa Bonifacio IV, al principio del settimo secolo, quando dai cimiteri cristiani extraurbani rimasti incustoditi si trasportarono nell’interno della Città le spoglie dei defunti, tra cui i corpi di molti martiri, col permesso e il favore dell’Imperatore Foca di Bisanzio: il Pantheon fu così dedicato alla Madonna ed ai Martiri, com’è tuttora (Cfr. DUCHESNE, Liber Pontificalis, 1, pp. 317 e 421). La festa in onore di tutti i Santi fu poi istituita, al tempo di Papa Gregorio III (731-741) con l’erezione di una Cappella in S. Pietro, quando infieriva in Oriente la lotta iconoclasta e i Longobardi devastavano l’Italia (Cfr. Ibid., p. 421).


Questo culto è un tributo di fede all’immortalità dell’anima umana, alla comunione dei Santi, all’attesa della risurrezione dei morti, all’escatologia del regno di Cristo; e a noi ricorda due cose: la consolante efficacia della intercessione dei Santi, e il dovere della imitazione dei Beati, che sono già con l’anima in paradiso, dopo il combattimento terreno, e che ci hanno lasciato un’eredità di esempi, vera scuola di virtù umane e cristiane, ben degna d’essere ricordata e venerata.


Questo retaggio ricchissimo merita d’essere da noi onorato col ricordo, con l’invocazione e con l’imitazione. Esso esercita una funzione corroborante nella spiritualità dei credenti, richiamati a dare una simile testimonianza di fede e di coraggio, e a sfatare l’opinione che l’educazione religiosa rammollisca gli animi, rendendoli timidi ed inetti ad azioni forti e virili. Noi abbiamo bisogno di questa assistenza dei Fratelli vittoriosi in un tempo in cui il vigore spirituale e il rigore morale sembrano superati e negletti nell’opinione dei molti, che preferiscono il permissivismo facile e spesso ignobile, oggi di moda. Palestra di carattere è l’esempio dei Santi, che noi dovremo ammirare, seguire e invocare. Ci sia propizia Maria, Regina dei Martiri e dei Santi.

 

PREGHIERA

 

(Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 11 aprile 1965)

 

Abbiamo in mano i rami di olivo e di palma, 
li agitiamo, quasi per rievocare e ripetere
l'avvenimento che un giorno, a Gerusalemme,
dichiarò chi eri Tu, o Gesù.
Nel giorno delle Palme Ti fu attribuito il nome
che è Tuo, Cristo, che vuol dire Messia, l'Unto e il Consacrato da Dio,
e che è poi il nome nostro, poiché ci chiamano Cristiani.
Fu il popolo che quel giorno Ti riconobbe;
furono i ragazzi e i fanciulli a gridare:
Osanna al Figlio di Davide!
In quel radioso mattino, la coscienza del popolo 
ha avuto il grande intuito della realtà: 
È il Cristo.
È Lui: l'aspettato, il nostro Re.
Colui che rende felici le nostre anime.
Fu tale l'esplosione che Tu, Gesù, piangesti.
Ma non facesti tacere il popolo.
Considerasti propizio quel momento
perché la Tua vera Personalità si manifestasse.
Cioè la Tua Messianicità, il Tuo carattere 
di Inviato da Dio, la Tua missione salvatrice.
Ma questa Liturgia è caratterizzata anche
dalla lettura della Tua Passione, Signore.
Ecco la Tua Croce dinanzi a noi. 
È visibile, è offerta a tutti, perché tutti 
abbiamo a fissare il nostro pensiero, i sentimenti,
l'anima sul ricordo solenne, doloroso, pio 
e commovente della Tua Morte.
Due memorie: quella festante che riconosce in Te
il Trionfatore della storia, il Centro del genere umano,
Colui che segna le ore del tempo e dei secoli;
quella luttuosa, funebre del Tuo processo, della Tua condanna,
riprovazione e crocifissione; degli schemi da Te subiti;
del Tuo annientamento sino alla morte.
Difficile connessione, difficile lezione per noi.
Vuoi dire che dobbiamo collocare i nostri aneliti,
la nostra sorte, i nostri veri bisogni, la nostra speranza,
non nel mondo presente, ma nell'altro, in quello eterno; 
non nella supremazia temporale e materiale, esteriore,
ma in assai diverso trionfo, quello conseguito da Te, Signore,
con la Tua morte di Croce: portando cioè a noi un sacrificio.
Se vogliamo perciò comprendere bene la nostra vita
e l'indirizzo che sempre intendiamo imprimerle,
dobbiamo guardare a Te: Tu sei il Re, il Sovrano della storia,
il Centro di ogni aspirazione e la Meta dell'uomo.
Ma Tu consegui il Tuo trionfo nel dare quanto hai:
il sangue, l'onore, la libertà, la vita per noi.
Tu ci hai salvati nel dolore e nell'amore.
Non crediamo in Te: Tu sei il Figlio di Dio.
Amen.

 

 

SIAMO QUI, O SIGNORE!

 

Si sveglino adesso le nostre menti, si rischiarino le nostre coscienze e si tendano tutte le forze dello spirito sotto lo sguardo illuminante del Cristo. Prendiamo coscienza con sincero dolore di tutti i nostri peccati, dei peccati dei nostri padri, di quelli della storia passata, prendiamo coscienza di quelli del nostro tempo, del mondo in cui viviamo. E perché il nostro dolore non sia né vile, né temerario, ma umile, perché non sia disperato, ma confidente, perché non sia inerte, ma orante, si unisca a quello di Gesù Cristo nostro Signore, fino alla morte paziente, e fino alla croce obbediente, e rievocando la sua memoria commovente imploriamo la sua salvatrice misericordia.

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo.

Qui, dove tu, o Signore Gesù, l'innocente, sei stato accusato,

il giusto, sei stato giudicato,

il santo, sei stato condannato,

tu, Figlio dell'uomo, sei stato tormentato, crocifisso e messo a morte,

tu, Figlio di Dio, sei stato bestemmiato, deriso e rinnegato,

tu, la luce, sei stato spento,

tu, il Re, sei stato innalzato su una croce,

tu, la vita, hai subìto la morte

e tu, morto, sei risorto alla vita: noi ci ricordiamo di te o Signore Gesù;

noi ti adoriamo o Signore Gesù;

noi t'invochiamo o Signore Gesù.

Qui, o Signore Gesù, la tua passione è stata oblazione prevista, accettata, voluta:

è stata sacrificio: tu ne fosti la vittima, tu, il sacerdote.

Qui la tua morte fu l'espressione, la misura del peccato umano, fu l'olocausto del supremo eroismo,

fu il prezzo offerto alla giustizia divina,

fu la prova del supremo amore.

Qui fu il duello tra la vita e la morte.

Qui tu fosti il vincitore, o Cristo per noi morto e poi risorto. Dio santo, Dio forte, Dio santo e immortale,

abbi pietà di noi!

Siamo qui, o Signore Gesù. Siamo venuti  come i colpevoli ritornano al luogo del loro delitto,
siamo venuti come colui che ti ha seguito, ma ti ha anche tradito, tante volte fedeli e tante volte infedeli,

siamo venuti per riconoscere il misterioso rapporto fra i nostri peccati e la tua passione: l'opera nostra e l'opera tua,

siamo venuti; per batterci il petto, per domandarti perdono, per implorare la tua misericordia,
siamo venuti perché sappiamo che tu puoi, che tu vuoi perdonarci, perché tu hai espiato per noi;

tu sei la nostra redenzione e la nostra speranza.

Agnello di Dio, tu che togli i peccati del mondo perdonaci, o Signore;

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo ascolta la nostra voce, o Signore;

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi, o Signore.

Signore Gesù, redentore nostro, ravviva in noi il desiderio e la confidenza nel tuo perdono, rinfranca la nostra volontà di conversione e di fedeltà, facci gustare la certezza e anche la dolcezza della tua misericordia.

Signore Gesù, redentore e maestro nostro, dacci la forza di perdonare agli altri, affinché anche noi possiamo essere da te veramente perdonati.

Signore Gesù, redentore e pastore nostro, metti in noi la capacità d'amare come tu vuoi, sul tuo esempio e con la tua grazia, te e quanti in te ci sono fratelli.

Signore Gesù, redentore nostro e nostra pace, che ci hai fatto conoscere il tuo ultimo desiderio: "che tutti siano uno", esaudisci questo desiderio che noi facciamo nostro e diventa qui nostra preghiera: "che tutti siamo uno". Signore Gesù, redentore nostro e nostro mediatore, rendi efficaci presso il Padre dei cieli le preghiere che gli rivolgiamo ora nello Spirito Santo.

O Dio onnipotente ed eterno, che manifesti la tua gloria per mezzo di Cristo a tutte le genti: conserva le opere della tua misericordia, e fa' che la tua Chiesa, sparsa nel mondo intero, perseveri con ferma fede nella confessione del tuo nome.

Onnipotente e sempiterno Iddio, che sei la consolazione degli afflitti e la forza di quelli che penano, lascia salire sino a te le grida e le preghiere di coloro che ti

invocano dal profondo della loro afflizione,

perché provino con gioia che nei loro bisogni li soccorre la tua misericordia.

Dio onnipotente ed eterno, che non vuoi la morte, ma la vita dei peccatori, degnati di esaudire la nostra preghiera: liberali da culti errati e associali alla tua santa Chiesa,

a onore e gloria del tuo nome.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, che con te e con lo Spirito Santo è in eterno il Dio vivente e sovrano.

Amen

​

(dalla preghiera del Santo Padre pronunciata in francese il 4 gennaio 1964 presso il Santo Sepolcro)

 

 

 

TU CI SEI NECESSARIO

 

O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario:
per vivere in Comunione con Dio Padre;
per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati nello Spirito Santo.

Tu ci sei necessario,
o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.

Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.

Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.

Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza
e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.

Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,
e per avere certezze che non tradiscono in eterno.

Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi,
per imparare l'amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità,
lungo il cammino della nostra vita faticosa,
fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso,
con Te benedetto nei secoli.

​

(dalla lettera pastorale all’Arcidiocesi “Omnia nobis est Cristus” per la quaresima 1955)

 

 

 

SUL MONTE TABOR

 

Chi sei Tu in Te stesso, o Signore?
Chi sei Tu per noi, o Cristo?
Tu sei il principio e la fine di ogni cosa,
il cardine dell’ordine cosmico
che ci obbliga a rivedere la nostra concezione del mondo,
della storia umana e della nostra personale esistenza.

Ci sentiamo annientati come gli apostoli sul monte della Trasfigurazione
e non osiamo rialzare lo sguardo.
La tua umiltà di Dio fatto uomo ci confonde con la tua grandezza.
Ma rendi possibile il colloquio con Te,
ce lo offri, ce lo imponi.
Signore, noi siamo privi della tua conoscenza.

Il nostro proposito si esprime in un desiderio
che prelude al suo compimento oltre il tempo.
Noi vogliamo vederTi, o Gesù.

​

(Dalle parole pronunciate all’udienza generale di  mercoledì 3 novembre 1976)

 

 

A MARIA AURORA DI SALVEZZA

 

Maria, tu sei l'annuncio 
Maria, tu il preludio, 
Maria, tu l'aurora, Maria, tu la vigilia, 
Maria, tu la preparazione immediata, 
che corona e mette termine 
al secolare svolgimento 
del piano divino della redenzione; 
tu il traguardo della profezia, 
tu la chiave d'intelligenza 
dei misteriosi messaggi messianici, 
tu il punto d'arrivo del pensiero di Dio, 
«termine fisso d'eterno consiglio », 
come Dante si esprime. 
La tua apparizione, o Maria, 
nella storia del mondo 
è come l'accensione d'una luce 
in un ambiente oscuro; 
una luce del mattino, 
ancora pallida e indiretta, 
ma soavissima, 
ma bellissima; 
la luce del mondo, Cristo, sta per arrivare; 
il destino felice dell'umanità, 
la sua possibile salvezza, è ormai sicuro. 
Tu, o Maria, lo porti con te.

​

(Paolo VI - 8 settembre 1965, festa della natività di Maria Santissima)

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