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Carlo da Sezze

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Nato a Sezze il 22 ottobre 1613 da contadini, fa il pastore e poi il contadino. A meno di venti anni chiede di essere ammesso nella provincia romana dell'Ordine dei Frati minori, rimanendo semplice religioso con il nome di fra Carlo. Nell'ottobre del 1648, riceve dall'ostia consacrata - unico santo nella storia della Chiesa - la stimmata al cuore che  dopo la morte, avvenuta il 6 gennaio 1670 a S. Francesco a Ripa, a Roma, viene riconosciuta di origine soprannaturale.

"Quando l’amato al cuore mi ferisce coi dardi d’infuocato ardori

nel più profondo centro m’investisce dove si fanno più interni li dolori, dolore che a me pare partorisce morendo nelle braccia dell’amore"     Carlo da Sezze

Mantuano Luigi, docente di filosofia e scienze sociali, dottore di ricerca all’università cattolica di Lovanio

Dalla quarta di copertina:

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Il volume presenta un francescano del XVII secolo, Carlo da Sezze, “che nelle sue opere non cerca la formulazione di un pensiero sistematico deduttivo, ma intende descrivere, narrando, l’esperienza di Dio… Motivo e fine del suo scrivere, infatti, s’intrecciano nel determinare unicamente che la vita mistica è un conoscere e un amare Dio sperimentato nell’anima” (Dalla Presentazione di A. Cacciotti).

Dal testo

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Diranno alcuni che la volontà non puote amare se non quello che prima intende l'intelletto. Questo è vero nell'ope­razioni naturali. E perciò siasi bello quanto si vuole un tempio, o altra cosa, non potrà la volontà prenderci affezione se l'intelletto non averà ben considerato e compreso la magnifi­cenza di esso. Ma nelle cose soprannaturali e divine si procede d'altra maniera. Imperoché alle volte intende prima l'intelletto quel bene divino, e poi la volontà vi concorre con l'affetto. Altre volte s'imprime dal Signore l'amore nella volontà, e la tira a sé senza dare cognizione all'intelletto, il quale si accorge solo che la volontà ama; et altre volte nel medesimo tempo bevono in quel fonte divino l'intelletto e la volontà. E se questo non fosse vero indarno averebbero detto li maestri dello spirito che quanto più l'intelletto si accieca, cioè quanto meno procura d'intendere, tanto maggiormente l'anima ama il Signore in pura fede.

Sì che in ciò non si può dare legge o regola infallibile. Poiché quel Signore, al quale è facile ogni cosa, puote anco accendere nella volontà grande amore.

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Sebbene alcuni, che ciò non intendeno, pensano che l'u­nione consista in ratti, in estasi et in elevazioni grandi di mente, benché [in] ciò totalmente non consista, ma nel vero arendimento della volontà con opere, parole e pensieri a quel­lo che Dio manda.

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Per saperne di più: S. Carlo da Sezze, Opere complete, Roma 1963.

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