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Caterina Flanagan, nasce a Londra il 17 luglio 1892 da genitori irlandesi. Fin da piccola frequenta la sua parrocchia londinese. Nel settembre 1911 arriva a Roma e chiede di entrare nella casa di S. Brigida a Piazza Farnese dove vive la prima comunità brigidina a Roma. Nel 1927 viene mandata in Svezia per un anno, poi a Lugano (1928), in Inghilterra (1931), a Vadstena (1935) e infine a Djursholm (1939), dove viene colpita da un male incurabile. Muore il 19 marzo 1941 a Stoccolma in una Casa di cura cattolica. Il 22 marzo 1941 il suo corpo viene trasferito nell’antico cimitero di Vadstena dove riposa tuttora. 

Dal testo

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Madre Caterina, cresciuta in un ambiente multireligioso come era la Londra di fine Ottocento e inizio Novecento, era rimasta incantata dal sogno di madre Elisabetta di riavere un unico ovile,cioè una sola Chiesa cristiana in Europa come lo era al tempo di santa Brigida. Tutte le fatiche per far rivivere l'Ordine della santa svedese a Roma dovevano servire a questo. Certo l'idea di ecume­nismo del tempo era un po' diversa da oggi. Oggi si tende al dialogo e alla convivenza pacifica, mentre allora si pensava più spesso alla conversione al cattolicesimo, ma questo nulla toglie alla sua ansia di essere dentro una struttura con un unico pastore. Possiamo, perciò, dire che il primo messaggio che ci lascia la giovane venuta dall'Inghilterra e morta in Svezia, dopo una vita passata soprattutto a Roma, è questa ansia di ecumenismo, di essere unita ai fratelli protestanti che lei amò molto, soprattutto nella persona della contessa von Rosen, e che servì nelle case da lei dirette. Queste case, che accoglievano indifferentemente tutte le persone al di là del credo religioso, erano un segno dei tempi dove la lotta era sostituita dall'accoglienza. Certo, se pensiamo ai martiri della Chiesa anglicana, a coloro che come Tommaso Moro e John Fisher erano venuti in contrasto diretto con il potere della Chiesa anglicana, questa comunione di ideali che ora scorgiamo tra cattolici e protestanti ci sembra già un miracolo in sé. Caterina, soprattutto con la sua vita inserita nella dinamica trinitaria, è stata un po' l'artefice di questo miracolo o, se vogliamo, lo strumento di Dio per quanto oggi ci sembra normale, come il pregare insieme e l'operare insieme per la giustizia e la pace nel mondo.

 

 

La seconda nota che caratterizza la vita di Caterina è certamente l'obbedienza. Quanti ci hanno parlato di lei hanno sottolineato il fatto che ella fosse sempre pronta a... partire. È a Roma, ma serve in Svezia e lei, subito, si slaccia il grembiule e... parte. È in Svezia, ma serve in Svizzera e lei... parte. È in Svizzera, ma serve in Inghilterra ed ancora... parte. È in Inghilterra, ma serve ancora in Svezia e lei... parte. Tutto questo nel giro di pochi anni. Pensando che noi uomini siamo animali abitudinari, che ci «sistemiamo» facilmente in un luogo e ci sembra di «perderci» quando si cambia, possiamo ben capire la fatica di chi non fa in tempo quasi a disfare la valigia e ad ambientarsi e... deve cambiare; ma per Caterina l'obbedienza è il suo stile di vita normale. Oggi che tale virtù sembra essere messa sempre in discussione, che l'idea di libertà è legata al fare ciò che si e lei... parte. Tutto questo nel giro di pochi anni. Pensando che noi uomini siamo animali abitudinari, che ci «sistemiamo» facilmente in un luogo e ci sembra di «perderci» quando si cambia, possiamo ben capire la fatica di chi non fa in tempo quasi a disfare la valigia e ad ambientarsi e... deve cambiare; ma per Caterina l'obbedienza è il suo stile di vita normale. Oggi che tale virtù sembra essere messa sempre in discussione, che l'idea di libertà è legata al fare ciò che si vuole senza norme e spesso confusa con il capriccio, la storia di una suora non eccessivamente istruita, che vive una quasi clausura, che passa le giornate tra preghiera e lavoro ci mette dinanzi una vita obbediente che interpella il nostro tempo autosufficiente.

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