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Dalla presentazione di Ferdinando Castelli

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La poesia è «intuizione cosmica», «folgorazione sul noumeno delle cose», «amore e adorazione del "fascinoso" del mondo», « grido, urla delle cose » e tentativo di scoprirne i segreti (sono de­scrizioni, più che definizioni, date da D.M. Turoldo). In altri termi­ni, il poeta è messaggero della divinità, veggente di realtà invisibili, testimone del mistero che ci avvolge; scorge simboli e figure che gli fanno vedere la creazione in una luce diversa; persegue miraggi che sanno di eterno e d'infinito e, non potendoli raggiungere, soffre e qualche volta si abbandona a gesti inconsulti (come capitò a Gérard de Nerval a cui è dedicato un interessante studio); getta ponti tra il mondo visibile e quello invisibile.

 

Il rapporto tra mistica e poesia risulta evidente. Il mistico percepi­sce e sperimenta la realtà di un altro mondo; il poeta traduce in parole quanto di questo altro mondo percepisce e sperimenta. «La poesia è un moto di ritorno dalla contemplazione mistica» afferma Jean Baruzi a proposito di san Giovanni della Croce (in Saint ]ean de la Croix et le problème de l'expérience mystique, Paris 1924, p. 126), e Jacques Maritain parla di «limpidi simboli lirici che esprimono, per quel tanto che il linguaggio umano può, l'inesprimibile» (in Diario di Raissa, Brescia 1966, p. 266). Siamo nel mondo della trasfigurazione poetica, mediante la quale è possibile «contemplare le essenze della realtà at­traverso le esistenze particolari» (Ibid.).

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