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Dal testo

 

La Redenzione è interpretata in chiave cosmica e sovratempo­rale: «Se la Redenzione... non fosse stata presente sulla terra dal­l'origine, non si potrebbe perdonare a Dio — se è permesso di im­piegare queste parole senza essere blasfemi — la sventura di tanti innocenti, sradicati, asserviti, torturati e messi a morte nel corso dei secoli anteriori all'era cristiana. Il Cristo è presente su questa terra, a meno che gli uomini non lo caccino, dovunque vi sia crimine e sventura. Senza gli effetti soprannaturali di questa presenza, come gli innocenti annientati dalla sventura potrebbero evitare di cadere nel crimine di maledire Dio e di conseguenza nella dannazione? ».

 

Si tratta di un aspetto essenziale all'essere di Dio, che altrimenti ne­gherebbe se stesso in quanto giusto.

 

Simone si riallaccia al modello divino del Teeteto, cui gli uomini cercano di assimilarsi, intendendo per assimilazione il senso geometrico che gli davano i pitagorici, os­sia l'identità di rapporti, la proporzione: «Quando Platone parla di assimilazione a Dio, non si tratta più di somiglianza, poiché nessu­na somiglianza è possibile, ma di proporzione. Una proporzione non è possibile fra gli uomini e Dio se non grazie a una mediazio­ne. Il modello divino, il giusto perfetto, è mediatore fra i giusti e Dio».

           

 

L'ateismo svolge dunque un ruolo catartico nei confronti di Dio oggetto, da possedere come una consacrazione del proprio pre­stigio: «Ma quando Dio è diventato altrettanto pieno di significato di quanto lo è il tesoro per l'avaro, ripetersi con forza che non esiste. Provare che lo si ama anche se non esiste. E’ lui che attraverso l'ope­razione della notte oscura si ritira al fine di non essere amato come un tesoro da un avaro». Ne scaturisce la preziosità dell'assenza di Dio: «Il contatto con le creature ci è dato attraverso il senso della presenza. Il contatto con Dio ci è dato attraverso il senso dell'assen­za. Al confronto con questa assenza, la presenza divina diviene più assente che l'assenza». Soprattutto il Dio crocefisso è garanzia di li­berazione dal Dio antropomorfo e idolatrico.

Con l'assenza di Dio l'anima deve fare i conti per non rischiare di confondere mondo e Dio e di assumere sotto il Suo nome il frutto della propria immaginazione. Il gioco dell'ateismo e della fede resterà costante, in forme diverse, come un indispensabile strumento di li­berazione dal Dio gratificante e antropomorfo: «La religione in quan­to sorgente di consolazione è un ostacolo alla vera fede: in questo senso l'ateismo è una purificazione. Devo essere atea con la parte di me stessa che non è fatta per Dio. Tra gli uomini, presso i quali la par­te soprannaturale di se stessi non si è risvegliata, gli atei hanno ragio­ne e i credenti hanno torto».

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