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Ezio Franceschini

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Nasce a Villa nel Trentino, il 25 luglio 1906. Da lì la  famiglia si sposta a Bergamo e poi a Rovereto. Iscrittosi alla facoltà di lettere di Padova si laurea nel 1928. Nel 1934 insegna a Padova e poi dal 1936 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo l'8 sett. 1943 si schiera contro i nazifascisti.

E’ rettore dell’università cattolica fino al luglio del 1968. Continua la sua opera scientifica ed editoriale fino al 1978. Muore a Padova il 21 marzo 1983.

Preziosi Ernesto, docente, presidente del centro di ricerca e studi storici e sociali (CERSES), autore di saggi di storia contemporanea e sul movimento cattolico

Dalla quarta di copertina:

 

Conoscitore attento di testi profani e religiosi soprattutto medievali, intende lo studio delle lettere come ‘un contributo ad un particolare patrimonio comune cui tutti possono attingere’. Franceschini è “un credente che non ha vissuto l’esperienza del mondo semplicemente come il teatro del proprio agire, ma nella convinzione che l’essere ‘lievito’ e ‘sale’ e ‘luce’ avviene nella quotidiana drammaticità della vicenda umana” (dalla Presentazione del card. Dionigi Tettamanzi).

Dal testo

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«Lo studioso deve cercare in ogni cosa la verità, mettersi in condizione di poterlo fare impadronendosi con studio severo di tutti gli strumenti necessari, usare in ogni campo di quel grande mezzo per ritrovarla che è la critica. Deve guardarsi dall'invidia, dall'orgoglio, dalla presunzione, dall'asprezza, dall'inciviltà, dalla vanità, dal desiderio di 'andare a caccia di lodi e di gloria con tele di ragno e reti sdrucite', dalla viltà di salire in alto dal basso, o mantenersi in alto a forza di adulazione e a spese del vero. Ma tutto questo non basta. Egli deve ancora riconoscere umilmente i suoi limiti personali, e quelli della natura umana, per essere sempre pron­to, giunto ai vertici più alti delle sue possibilità, a lasciarsi investire dalla luce di Dio (...). Il suo compito essenziale è il veritatem facere del monito di san Paolo, perché 'se sapere male è lo stesso che sapere nulla, sapere molto e operare male è una grande ignoranza'. Ma per chi? Solo per se stessi e per la propria perfezione, che è pur nobilissima meta? No. Anche per rendere migliori gli altri, tutti coloro che alla vita dello studioso si accostano, spesso timorosi della sua grandez­za. Se così non fa non è cristiano (...). La scienza, faticosa­mente raggiunta, come dono di luce agli altri, come contributo ad un patrimonio comune cui tutti possono attingere: ecco lo scopo ultimo della vita dello studioso…».

 

« Ogni giorno dopo la mensa, attraversando i grandi chio­stri dell'Università, si fermava più volte. Guardava l'erba, le margherite che occhieggiavano anche in pieno inverno, gli alberi, i merli eleganti e tranquilli. Spesso, specialmente se era solo, toglieva da una tasca un pezzo di pane e lo sbricio­lava sull'erba per gli uccelli. Scrutava attentamente in mezzo alle foglie degli alberi alla ricerca dei nidi ed era felice quando riusciva a scoprire quelle segrete case dei merli e dei passeri. Un albero nel secondo chiostro, l'aveva piantato lui, piccolo piccolo, portandolo sulle spalle. Qualche anno più tardi l'al­bero, un abete, era divenuto alto, snello, robusto. Il professor Franceschini quando passava di là lo guardava con tenerezza, lo mostrava agli amici e diceva con orgoglio: "L'ho piantato io". Poi si levava il cappello e faceva al suo albero un profon­do inchino. Sorrideva divertito oppure rideva apertamente per questa scena che si ripeteva spesso, ma il suo non era un gioco. Solo san Francesco avrebbe fatto altrettanto».

 

Il profilo spirituale del laico cristiano Franceschini rivela, in comune con tanti della sua generazione, la ricerca radicale di Dio nella vita di ogni giorno, tanto da farlo apparire — un po' come Vanzan ha definito Lazzati — uno starec: «Si definiva un eremita e tale era, anche se ciò può sembrare contraddittorio con la sua enorme attività e con la rete im­mensa delle sue amicizie e delle sue relazioni nei più svariati ambienti, in familiarità con persone di ogni ceto, dall'illustre chirurgo all'umile domestica. Può sembrare contraddittorio a chi guarda la superficie della vita e non la sua dimensione verticale ».

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Per saperne di più: E. Franceschini, Nel segno di Francesco, Assisi(PG) 1988.

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