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Né pinger né scolpir fie più che quieti l’anima volta a quell’amor divino c’aperse a prender noi ‘n croce le braccia
Michelangelo
Campone Maria Carolina: docente di lingue classiche, Scuola Militare “Nunziatella” di Napoli

Michelangelo Buonarroti

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Nasce il 6 marzo 1475 a Caprese, vicino ad Arezzo. Nel 1487 entra nella bottega di Domenico Ghirlandaio.

Si dedica alla pittura e alla scultura, nonché all’architettura e all’urbanistica.

Il 18 febbraio 1564, quasi ottantanovenne, muore a Roma.

Dalla quarta di copertina:

 

Il testo presenta una scelta antologica di opere michelangionesche, atte a illustrare la tensione costante dell’autore verso l’Infinito e, nel contempo, la consapevolezza dell’inanità di ogni sforzo umano nell’incontro col Divino. Di fronte alla grandezza di un Mistero che l’artista arriva a riconoscere, negli ultimi anni, come irriproducibile, perché al di là di ogni comprensione finita, non resta altro che riconoscere con il Buonarroti: “Nè proprie forze ho, c’al bisogno sièno/per cangiar vita, amor, costume o sorte/senza le tue divine e chiare scorte,/d’ogni fallace corso guida e freno” (testo 114).    

Dal testo

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Deh fammiti vedere in ogni loco! 

Se da mortal bellezza arder mi sento,

appresso al tuo mi sarà foco ispento

e io nel tuo sarò, com'ero, in foco.

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Signor mie caro, i' te sol chiamo e 'nvoco contr'a l'inutil mie cieco tormento:

tu sol puo' rinnovarmi fuora e dentro

le voglie e '1 senno e '1 valor lento e poco. Tu desti al tempo, Amor, quest'alma diva

 e 'n questa spoglia ancor fragile e stanca

l'incarcerasti, e con fiero destino.

Che poss'io altro che così non viva?

Ogni ben senza te, Signor, mi manca;

il cangiar sorte è sol poter divino.

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Vorrei voler, Signor, quel ch'io non voglio: tra '1 foco e '1 cor di ghiaccia un vel s'asconde che '1 foco ammorza, onde non corrisponde la penna all'opre, e fa bugiardo '1 foglio. T'amo con la lingua, e poi mi doglio c'amor non giunge al cor; né so ben onde apra l'uscio alla grazia che s'infonde nel cor, che scacci ogni spietato orgoglio. Squarcia il vel tu, Signor, rompi quel muro che con la sua durezza ne ritarda il sol della tua luce, al mondo spenta!

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Ben sarien dolce le preghiere mie, se virtù mi prestassi da pregarte: nel mio fragil terren non è già parte da frutto buon, che da sé nato sie. Tu sol se' seme d'opre caste e pie, che là germuglian, dove ne fa' parte;

 nessun proprio valor può seguitarte, se non gli mostri le tue sante vie.

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Per saperne di più: T. Verdon, Michelangelo teologo, Milano 2005; E.N. Girardi, Michelangiolo Buonarroti. Rime, Bari 1960.

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