Antonietta Meo, Nennolina, nasce a Roma il 1 dicembre 1930 in una famiglia di solidi principi morali e religiosi. Un giorno cade sbattendo il ginocchio su un sasso e comincia a sentire un dolore che non passa. I medici dopo un po’ le diagnosticano un osteosarcoma. Le viene quindi amputata la gamba. Dopo alcuni mesi il tumore si ripresenta alle costole. Comincia per lei una vera e propria crocifissione fisica che, malgrado la giovane età, ella accoglie in un costante colloquio con Dio Padre e con uno slancio missionario incredibile: nell’affrontare le sofferenze della malattia dichiara di fare la missionaria in Africa. Muore a Roma il 5 luglio 1937.
Dal testo
La presenza di Dio nella vita degli uomini è espressa fin dai primi capitoli della Genesi che ci mostrano la familiarità che Dio ha voluto stabilire con l'uomo (Gn 3,8). Questa familiarità raggiunge la sua massima espressione nel mistero dell'Incarnazione. In Cristo, Dio viene incontro all'uomo, si fa come lui perché l'uomo possa sentirlo vicino e familiare. E' per questo che Antonietta non ha paura di rivolgersi al Dio altissimo nei toni più teneri: "Caro Dio Padre...", "Cara Trinità..." e può avvertirlo sempre presente nella sua vita. Il quotidiano diventa per lei « luogo teologico », mentre tutte le sue più piccole azioni, vivificate dallo Spirito, diventano sacrificio spirituale gradito a Dio (cf LG 34). Tutto da lei è vissuto per la maggior gloria di Dio in atteggiamento di risposta al Dio presente nel dovere quotidiano. Infatti, il 10 febbraio 1937 scrive in una letterina: « Caro Gesù ...imparami prima a fare il mio dovere per potere poi fare i sacrifici » e spesso ripete: "Mi piace andare a scuola", che è il suo dovere primario.
Nell'udienza generale del 9 settembre 1970 Paolo VI affermava che la vita mistica, cioè l'intimità sponsale con Dio uno e trino, è «meno rara forse, di quanto si potrebbe credere ». Infatti, quando il cristiano, assicurava lo stesso Pontefice nell'udienza del 10 gennaio 1968, vive in maniera veramente « fedele » alla sua vocazione, allora lo Spirito Santo « gli fa sperimentare » quanto « crede » e quanto «vive » cioè gli fa un « dono » mediante il quale « effonde nel cuore un'attrattiva inconfondibile verso l'essere vivente e presente di Dio ».